L’irraggiamento solare
1.1. L’energia solare
Il sole è una stella ed è sede di reazioni termonucleari a catena. Nella reazione di fusione,
durante la quale l’idrogeno si combina per formare elio, avviene nel nucleo una conversione di
massa in energia.
Nel nucleo incandescente si produce così una temperatura stimata tra 16 e 40 milioni di gradi;
attraverso una serie di processi radiativi e convettivi avviene il trasferimento del calore alla
superficie dove avviene l’irraggiamento verso lo spazio. La temperatura della superficie si porta
allora ad un valore di circa 5780 K, tale da fare insorgere un equilibrio tra l’energia che la superfiche
stessa riceve dal nucleo e quella che emette verso gli spazi siderali.Il sole si comporta allora come un corpo nero che, alla temperatura di 5780 K, irradia energianello spazio. Quasi il 99% della radiazione solare ha lunghezza d’onda compresa tra 0.15 e 4 μm e
il massimo di intensità si ha a circa 0.5 μm; la parte compresa tra 0.4 e 0.74 μm occupa la zona
visibile dello spettro mentre a sinistra ed a destra di tale fascia si trovano rispettivamente le zone
dell’ultravioletto e dell’infrarosso.
La quantità media di energia solare che incide ortogonalmente, nell’unità di tempo, su unasuperficie unitaria posta al di fuori dell’atmosfera, prende il nome di costante solare ed assume il valore medio di 1353 W/m2.
L’intensità dell’irraggiamento solare si attenua nel passaggio attraverso l’atmosfera: una parte
di radiazione viene riflessa verso lo spazio, una parte è diffusa in tutte le direzioni dalle molecole
dei gas atmosferici e dal vapore acqueo, una parte viene assorbita dalle molecole dell’atmosfera e
da queste riemessa come radiazione infrarossa (figura 1).
L’assorbimento e la diffusione atmosferica hanno l’effetto di ridurre l’intensità della iradiazione su tutte le lunghezze d’onda; un’ulteriore riduzione si ha poi in corrispondenza alle lunghezze d’onda caratteristiche dei diversi gas e vapori presenti nell’atmosfera.La parte di irraggiamento che raggiunge direttamente il suolo costituisce la radiazione diretta mentre la parte rimanente costituisce la radiazione diffusa. A queste va infine aggiunta la radiazione riflessa o albedo che rappresenta la percentuale di radiazione diretta e diffusa che viene riflessa dal suolo o dalle superfici circostanti sulla superfice considerata.
Figura 1.
Distribuzione della radiazione solare nel passaggio attraverso l’atmosfera.
La radiazione diretta, preponderante rispetto alla diffusa in condizioni di cielo sereno, tende a
ridursi all’aumentare dell’umidità e della nuvolosità presente nell’aria, fino ad annullarsi in
condizioni di cielo completamente coperto.
Tabella 1.
Intensità approssimata della radiazione solare.
1.2. La posizione del sole
Per un osservatore che dalla Terra osservi il cielo, il percorso del Sole sulla volta celeste
assume la forma di un arco che varia sia durante il corso dell’anno che con la latitudine del luogo.
Durante il corso dell’anno la durata delle ore di luce ed il percorso del sole subiscono delle
modifiche al variare delle stagioni. La durata di luce è massima al solstizio d’estate (21 giugno)
giorno in cui, alle ore 12, il sole raggiunge il punto più alto nel cielo nel corso di tutto l’anno; il
caso opposto si verifica al solstizio d’inverno (21 dicembre) mentre ai due equinozi di primavera
(21 marzo) e di autunno (21 settembre) l’altezza del sole alle 12 è intermedia tra la massima e la
minima e le durate del giorno e della notte sono esattamente pari a 12 ore in tutto il globo.
La posizione del sole rispetto ad un punto sulla terra è determinata dall’angolo di altezza
solare α e dall’angolo azimutale γ
Il primo è l’angolo verticale che la direzione collimata al sole forma con il piano orizzontale;
il secondo è l’angolo orizzontale tra il piano verticale passante per il sole e la direzione del sud, ed è
positivo verso est e negativo verso ovest.
Figura 2.
Angolo di altezza solare ed angolo azimutale.
Questi due angoli dipendono a loro volta dalla declinazione δ, dalla latitudine ϕ e dall’angolo
orario ω. La declinazione è l’angolo formato dalla direzione del sole con il piano dell’equatore; essa
latitudine è l’angolo formato dalla congiungente il punto di osservazione con il centro della terra e
il piano dell’equatore. Essa assume valore 0° all’orizzonte a 90° al polo. L’angolo orario è l’angolo
formato dal piano meridiano passante per il sole con il meridiano di riferimento ed assume valori
compresi tra -180° e 180° variando di 15° ogni ora.
Definite queste grandezze, l’altezza α del sole alle 12 in un punto di latitudine ϕ può essere
ricavata, ai solstizi ed agli equinozi, dalla seguente figura 3:
Figura 3
Angolo di altezza solare alle ore 12, per una località
posta ad una latitudine ai solstizi ed agli equinozi.
I valori dell’altezza solare e dell’azimut in qualsiasi periodo dell’anno possono essere 6
facilmente conosciuti utilizzando i diagrammi dei percorsi solari.
Questi sono diagrammi, tracciati per ogni latitudine, in cui sono riportati l’altezza solare e
l’azimut nei vari periodi dell’anno.
Possono essere in coordinate polari o in coordinate cartesiane.
Nei primi l’osservatore è posizionato al centro del diagramma in cui una successione di
Figura 4
Diagramma dei percorsi solari in coordinate polari (ϕ=38°).
I diagrammi in coordinate cartesiane danno invece una proiezione verticale del percorso
solare così come sarebbe visto da un osservatore posto sulla terra. Sull’asse orizzontale si possono leggere gli azimut mentre su quello verticale le altezze solari. Anche in questo caso le traiettorie solari sono tracciate al ventunesimo giorno di ogni mese.
Figura 5
Diagramma dei percorsi solari in coordinate cartesiane (ϕ=38°).
2. Dispositivi di captazione della radiazione solare
L’irraggiamento solare è convertito in energia termica per mezzo di componenti preposti alla
captazione della radiazione solare. Alcuni di questi dispositivi sono in grado di sfruttare la sola
radiazione diretta, mentre altri consentono di utilizzare le tre componenti - diretta, diffusa e riflessa- della radiazione stessa.
La radiazione solare giunge al dispositivo di captazione, viene assorbita dall’assorbitore e
trasferita ad un fluido termovettore, che può essere acqua, aria o un fluido diatermico.
I dispositivi di captazione possono essere classificati in base alla temperatura del fluido
termovettore e al rapporto di concentrazione Cr, definito come il rapporto tra la superficie di
ammissione dell’irraggiamento solare non concentrato e la superficie di assorbimento del
dispositivo.
Tabella 2.
Classificazione dei sistemi di captazione solare.
Dalla precedente classificazione deriva che i pannelli solari piani sono adatti per applicazioni
a bassa temperatura, a differenza degli altri sistemi più idonei per applicazioni a media ed alta
temperatura.
I pannelli solari piani sono per questo motivo preferiti per usi civili, anche perché possono
essere facilmente integrati nell’organismo edilizio; i collettori a concentrazione richiedono invece delle proprie strutture di sostegno e movimento.
2.1. Centrali solari
Si utilizzano normalmente i sistemi a torre, i cui elementi essenziali sono:
a) il campo specchi, formato da un elevato numero di superfici riflettenti che seguono
automaticamente il percorso del sole e che concentrano istante per istante i raggi solari verso un ricevitore;
b) il ricevitore energetico (caldaia puntuale), collocato su una torre posta in posizione centrale rispetto al campo specchi;
c) il sistema di conversione dell’energia termica prima in energia meccanica (turbina a vapore) e successivamente in energia elettrica (generatore elettrico);
d) il sistema di regolazione preposto a mantenere gli specchi ortogonali alla radiazione diretta.
L’inseguimento può essere attuato da un computer o da elementi fotosensibili che, istante per
istante, misurano l’errore di orientamento del singolo specchio.
Figura 6
Centrale solare a torre
2.2. Concentratori
Sono composti da uno specchio o da lenti ottiche che convergono i raggi solari verso
l’assorbitore in cui scorre il fluido termovettore. Poiché sfruttano la sola radiazione diretta,
necessitano di dispositivi atti a mantenere in ogni istante la superficie riflettente ortogonale alla
direzione dei raggi solari.
Si distinguono in sistemi ad immagine, più comuni, che riproducono l’immagine del sole sul piano focale, ed a non immagine che concentrano casualmente i raggi solari sull’assorbitore.
I collettori ad immagine possono essere a loro volta di tipo puntuale o lineare, se convergono i raggi solari nel punto focale o in un asse passante per il fuoco.
I principali collettori ad immagine di tipo puntuale sono i concentratori parabolici,
10 caratterizzati da una superficie riflettente parabolica e da un assorbitore posto nella zona focale.
Tra essi le due principali tipologie si differenziano per l’inseguimento solare: il primo tipo
presenta l’assorbitore fisso e solidale con il riflettore che invece è mobile ed insegue il sole; il
secondo tipo presenta invece il riflettore fisso e l’assorbitore mobile che si dirige nella zona in cui il riflettore converge la radiazione solare.
Figura 7
Concentratori parabolici.
I concentratori cilindro-parabolici sono invece sistemi ad immagine di tipo lineare. Sono
costituiti da una superficie riflettente ottenuta per traslazione di una parabola lungo un asse passante per il suo fuoco e ortogonale al piano che la contiene. Nella zona focale della superficie riflettente è posto l’assorbitore lineare, in genere costituito da una tubazione in rame o acciaio inox entro la quale scorre il fluido termovettore. Per ridurre le perdite per convezione e per favorire l’effetto serra, la tubazione può essere posta all’interno di un tubo di vetro.
Per quanto riguarda l’inseguimento solare, il sistema può presentare l’assorbitore fisso e la parabola rotante oppure presentare l’assorbitore solidale con la parabola a sua volta soggetta al moto di rotazione. L’inseguimento infine può essere su un asse - ed in tal caso l’assorbitore andrà orientato secondo la direzione est-ovest - o su due assi.
Figura 8
Concentratori cilindro-parabolici
2.3. Pannelli solari
Sono formati da:
a) una superficie assorbente;
b) una rete di tubazioni nella quale scorre il fluido termovettore;
c) una copertura trasparente;
d) un rivestimento isolante;
e) una struttura di contenimento che costituisce l’involucro esterno.
I pannelli solari piani utilizzano le tre componenti della radiazione solare e sfruttano l’effettoserra. La copertura trasparente è infatti realizzata con materiali trasparenti alla radiazione solare incidente, ma opachi alla radiazione infrarossa reirraggiata.
L’energia termica proveniente dal sole, viene così catturata all’interno del pannello e trasferita al fluido termovettore. Per limitare le perdite di calore verso l’esterno le zone laterali e posteriore vengono poi protette con materiale isolante.
3. Pannelli solari piani ad effetto serra
Per il funzionamento di un impianto a pannelli solari è necessario che siano presenti tre unità
fondamentali, rispondenti alle esigenze di convogliare, accumulare e trasferire l’energia termica associata alla radiazione solare.
La prima funzione è assolta dall’unità collettrice o di raccolta dell’energia solare.
Essa è costituita dalla batteria di pannelli solari ad effetto serra, ed ha il compito di trasferire
l’energia termica associata alla radiazione solare al fluido termovettore. Quest’ultimo può essere acqua, aria o un fluido diatermico. I fluidi diatermici, costituiti da oli minerali di origine petrolifera, sono utilizzati per eliminare i problemi di corrosione determinati dai fluidi a base d’acqua su alcuni metalli delle piastre captanti.
L’unità di accumulo del calore assorbito dal fluido termovettore
è invece costituita da serbatoi di capacità proporzionale alla superficie captante dei collettori solari piani.
Nel caso in cui
il fluido termovettore sia acqua, l’unità di accumulo può essere realizzata con serbatoi metallici del tutto simili ai comuni bollitori elettrici. Essi saranno evidentemente sprovvisti di resistenza elettrica e maggiormente coibentati. L’acqua del serbatoio di accumulo non è generalmente utilizzata direttamente. Sono infatti presenti ulteriori unità di scambio termico che trasferiscono il calore dal serbatoio di accumulo al fluido dell’impianto di riscaldamento o all’acqua destinata agli usi igienico-sanitari. Nel caso di pannelli solari ad aria l’accumulo è
generalmente a letto di pietre ed è
ottenuto utilizzando recipienti contenenti del pietrisco.
L’unità di trasferimento dell’energia termica è infine costituita dalle tubazioni di collegamento per la circolazione del fluido termovettore e da eventuali dispositivi per la
regolazione ed il controllo del funzionamento dell’impianto (pompe di circolazione, termostati,
scambiatori di calore, centraline elettroniche, etc.). Questi ultimi organi possono mancare nei
sistemi più semplici a circolazione naturale del fluido termovettore.
L’unione di queste tre unità funzionali da’ luogo a sistemi che, pur essendo notevolmente
diversi fra loro, sono accomunati da un unico principio di funzionamento, molto semplice nei suoi
aspetti essenziali.
A causa dell’aleatorietà della radiazione solare, si verificano però periodi in cui l’energia
termica prodotta dall’impianto solare risulta insufficiente. Per questo motivo deve essere
necessariamente presente un impianto ausiliario di supporto, alimentato da fonti convenzionali.
La principale distinzione che viene fatta sugli impianti solari riguarda il sistema di
circolazione del fluido termovettore; essi vengono così distinti in:
– impianti solari a circolazione naturale;
– impianti solari a circolazione forzata.
Nel primo caso il fluido termovettore circola attraverso i condotti per differenza di densità: il
fluido riscaldandosi nel collettore diminuisce di densità e tende spontaneamente a risalire verso
l’alto; a questa azione si aggiunge la spinta derivante dal fluido che nel frattempo si è raffreddato e,
diventato più pesante, tende a portarsi verso il basso. Si innesca in tal modo un lento moto
convettivo, con velocità proporzionale all’intensità della radiazione solare. Il sistema così fatto non
necessita di sistemi di controllo poiché risulta “autoregolante”.
Nel secondo caso, invece, la circolazione del fluido avviene per opera della spinta esercitata
da una pompa idraulica azionata da un motore elettrico. Occorre allora controllare il funzionamento
in modo da consentire la circolazione solo in presenza di energia utile. Questo si verifica quando la
temperatura tu di uscita del fluido dal collettore supera quella di ingresso ti di una quantità Δt>0, al
di sotto della quale l’apporto energetico non compensa le perdite.
Il controllo del funzionamento è affidato ad un termostato differenziale provvisto di due
sensori che rilevano le due temperature tu e ti. Quando la differenza tra queste due temperature è
superiore ad un valore Δt1 prefissato viene azionata automaticamente la pompa di circolazione. Il
funzionamento continua fino a quando la differenza tu-ti non scende al di sotto di un secondo valore
Δt2, leggermente inferiore al primo per tenere conto dell’inerzia dell’impianto. Oltre al termostato
differenziale, in un impianto a circolazione forzata devono essere presenti altri dispositivi di
controllo e sicurezza. Tra essi assume fondamentale importanza la valvola di ritegno che,
consentendo il moto del fluido in una sola direzione, impedisce che a pompa spenta si instauri una
circolazione naturale inversa.
Nelle località in cui il pericolo di congelamento è minimo, è consentito l’utilizzo della stessa
acqua di rete come fluido termovettore. Potendo eliminare lo scambiatore di calore, che ostacola la
circolazione del fluido, può essere in questo caso conveniente utilizzare sistemi a circolazione
naturale. Va sottolineato però che per garantire “l’effetto termosifone” è necessario predisporre il
serbatoio di accumulo al di sopra dei collettori; deve essere inoltre ridotta al minimo la lunghezza
del circuito idraulico in modo da contenere le resistenze al moto.
I sistemi a circolazione forzata, a fronte di una maggiore complessità derivante dalla presenza
dei dispositivi di azionamento e controllo, presentano invece numerosi vantaggi: nessuna
limitazione riguardo alla posizione del serbatoio di accumulo; diametri modesti per le tubazioni;
rapide risposte alle variazioni dell’irraggiamento solare; possibilità di stabilire la velocità di
circolazione del fluido tale da rendere massima l’efficienza energetica; possibilità di soddisfare sia
piccole che grandi utenze.
Nella figura 10 è rappresentato uno schema di impianto solare per la produzione di acqua
calda per usi igienico-sanitari e per riscaldamento. L’impianto, a circolazione forzata, usa acqua
come fluido termovettore.
D’inverno, laddove i carichi termici sono i massimi, l’impianto solare fornisce la minima energia. È conveniente allora utilizzare in questo periodo l’impianto solare come preriscaldatore lasciando all’ausiliario convenzionale il compito di fornire l’energia termica mancante per il riscaldamento degli ambienti.
D’estate invece, mentre i fabbisogni termici sono soltanto dovuti al riscaldamento dell’acqua sanitaria, l’impianto solare si trova per contro alla sua massima potenzialità. In questo periodo è opportuno allora utilizzare, quando necessaria, l’integrazione elettrica ed evitare il ricorso all’ausiliario convenzionale, dimensionato per carichi termici elevati.
Nota la latitudine ϕ del sito, l’inclinazione dei collettori viene determinata in base al periodo di funzionamento previsto. Nel periodo estivo, quando il sole è più alto sull’orizzonte, l’inclinazione ottimale risulta essere di circa 10°÷15° superiore alla latitudine del luogo. Viceversa, per il periodo invernale, la migliore inclinazione è di 10°÷15° inferiore alla latitudine. Per un funzionamento annuale l’inclinazione ottimale è di circa 0.9 x ϕ. In figura 18 è evidenziato il soleggiamento annuo relativo per un collettore orientato a sud per diversi valori dell’angolo di inclinazione.
L’orientamento ottimale dei collettori risulta essere verso il Sud. Tuttavia in alcune zone caratterizzate da foschie mattutine o nebbie pomeridiane è consigliabile un orientamento verso sudovest o sud-est.
In figura 19 è riportato il soleggiamento annuo relativo per un collettore inclinato di un angolo i=0.9 x ϕ in corrispondenza di diversi valori dell’angolo azimutale γ.
Chiariamo con un esempio l’utilizzo di tali diagrammi.
Si supponga di voler valutare l’ombra prodotta dall’ostacolo rappresentato in figura 20
Per evitare che ciò si verifichi è necessario calcolare la minima distanza a cui porre le schiere.
Individuato in relazione al periodo di funzionamento, il giorno in cui il sole risulterà più basso sull’orizzonte, si calcolano, per ogni istante di luce, i valori dell’angolo di altezza solare e dell’angolo azimutale descritti dal sole. In corrispondenza di ogni valore così ottenuto si calcola la distanza a cui porre le schiere per evitare l’ombreggiamento:
Dal punto di vista tecnico, una volta fissati i parametri caratteristici del pannello solare, vanno opportunamente posti i collettori. Nota la posizione del collettore si può valutare la radiazione incidente sulla superficie inclinata. Va successivamente fissata la temperatura di lavoro dell’impianto: poiché l’efficienza del sistema è tanto più elevata quanto più bassa è la temperatura del fluido termovettore e poiché per esigenze igienico-sanitarie sono richieste temperature dell’acqua intorno ai 45°C, è opportuno regolare la temperatura a valori non superiori a 50°C .
Una volta note le caratteristiche dei collettori, l’irraggiamento solare sulla loro superficie e le condizioni di funzionamento dell’impianto, si è in grado di valutare l’energia fornita dalla batteria di pannelli solari.
L’energia fornita dai pannelli aumenta all’aumentare della superficie captante: infatti, incrementando l’apporto energetico fornito dai collettori, diminuisce la spesa per l’acquisto del combustibile che alimenta l’impianto ausiliario. Contemporaneamente però, all’aumentare della superficie dei collettori, aumenta il costo complessivo dell’impianto.
La superficie economicamente ottimale è allora quella che rende minimo il costo annuale di gestione ed ammortamento dell’impianto: tale configurazione sarà ovviamente costituita da una parte solare ed una parte convenzionale.
regolazione ed il controllo del funzionamento dell’impianto (pompe di circolazione, termostati,
scambiatori di calore, centraline elettroniche, etc.). Questi ultimi organi possono mancare nei
sistemi più semplici a circolazione naturale del fluido termovettore.
L’unione di queste tre unità funzionali da’ luogo a sistemi che, pur essendo notevolmente
diversi fra loro, sono accomunati da un unico principio di funzionamento, molto semplice nei suoi
aspetti essenziali.
A causa dell’aleatorietà della radiazione solare, si verificano però periodi in cui l’energia
termica prodotta dall’impianto solare risulta insufficiente. Per questo motivo deve essere
necessariamente presente un impianto ausiliario di supporto, alimentato da fonti convenzionali.
La principale distinzione che viene fatta sugli impianti solari riguarda il sistema di
circolazione del fluido termovettore; essi vengono così distinti in:
– impianti solari a circolazione naturale;
– impianti solari a circolazione forzata.
Nel primo caso il fluido termovettore circola attraverso i condotti per differenza di densità: il
fluido riscaldandosi nel collettore diminuisce di densità e tende spontaneamente a risalire verso
l’alto; a questa azione si aggiunge la spinta derivante dal fluido che nel frattempo si è raffreddato e,
diventato più pesante, tende a portarsi verso il basso. Si innesca in tal modo un lento moto
convettivo, con velocità proporzionale all’intensità della radiazione solare. Il sistema così fatto non
necessita di sistemi di controllo poiché risulta “autoregolante”.
Nel secondo caso, invece, la circolazione del fluido avviene per opera della spinta esercitata
da una pompa idraulica azionata da un motore elettrico. Occorre allora controllare il funzionamento
in modo da consentire la circolazione solo in presenza di energia utile. Questo si verifica quando la
temperatura tu di uscita del fluido dal collettore supera quella di ingresso ti di una quantità Δt>0, al
di sotto della quale l’apporto energetico non compensa le perdite.
Il controllo del funzionamento è affidato ad un termostato differenziale provvisto di due
sensori che rilevano le due temperature tu e ti. Quando la differenza tra queste due temperature è
superiore ad un valore Δt1 prefissato viene azionata automaticamente la pompa di circolazione. Il
funzionamento continua fino a quando la differenza tu-ti non scende al di sotto di un secondo valore
Δt2, leggermente inferiore al primo per tenere conto dell’inerzia dell’impianto. Oltre al termostato
differenziale, in un impianto a circolazione forzata devono essere presenti altri dispositivi di
controllo e sicurezza. Tra essi assume fondamentale importanza la valvola di ritegno che,
consentendo il moto del fluido in una sola direzione, impedisce che a pompa spenta si instauri una
circolazione naturale inversa.
Nelle località in cui il pericolo di congelamento è minimo, è consentito l’utilizzo della stessa
acqua di rete come fluido termovettore. Potendo eliminare lo scambiatore di calore, che ostacola la
circolazione del fluido, può essere in questo caso conveniente utilizzare sistemi a circolazione
naturale. Va sottolineato però che per garantire “l’effetto termosifone” è necessario predisporre il
serbatoio di accumulo al di sopra dei collettori; deve essere inoltre ridotta al minimo la lunghezza
del circuito idraulico in modo da contenere le resistenze al moto.
I sistemi a circolazione forzata, a fronte di una maggiore complessità derivante dalla presenza
dei dispositivi di azionamento e controllo, presentano invece numerosi vantaggi: nessuna
limitazione riguardo alla posizione del serbatoio di accumulo; diametri modesti per le tubazioni;
rapide risposte alle variazioni dell’irraggiamento solare; possibilità di stabilire la velocità di
circolazione del fluido tale da rendere massima l’efficienza energetica; possibilità di soddisfare sia
piccole che grandi utenze.
Nella figura 10 è rappresentato uno schema di impianto solare per la produzione di acqua
calda per usi igienico-sanitari e per riscaldamento. L’impianto, a circolazione forzata, usa acqua
come fluido termovettore.
Figura 10
Schema di
impianto solare con integrazione elettrica ed ausiliario semplice
Il
suo principio di funzionamento può essere così riassunto:
1.
La radiazione solare incidendo sul pannello innesca l’effetto serra.
2.
Nell’attraversare i pannelli il fluido termovettore asporta l’energia termica
proveniente dall' radiazione
solare e si porta ad una temperatura superiore a quella di uscita dal serbatoio
di accumulo.
3.
Passando attraverso lo scambiatore di calore posto all’interno del serbatoio di
accumulo, il fluidotermovettore
cede calore all’acqua che di conseguenza si riscalda.
4.
Il fluido ormai raffreddato torna ai pannelli, chiudendo in questo modo il
ciclo.
Al
ripetersi dei cicli aumenterà l’apporto energetico per l’acqua contenuta nel
serbatoio di accumulo.
La temperatura di quest’ultima si potrà portare quindi a valori prossimi a
quelli del fluido
termovettore.
Nel
caso dell’impianto di figura 10, sono previsti due sistemi di integrazione per
il riscaldamento
dell’acqua nel serbatoio di accumulo: uno elettrico, costituito da una
resistenza posta all’interno
del serbatoio, ed uno convenzionale collegato attraverso un secondo
scambiatore.D’inverno, laddove i carichi termici sono i massimi, l’impianto solare fornisce la minima energia. È conveniente allora utilizzare in questo periodo l’impianto solare come preriscaldatore lasciando all’ausiliario convenzionale il compito di fornire l’energia termica mancante per il riscaldamento degli ambienti.
D’estate invece, mentre i fabbisogni termici sono soltanto dovuti al riscaldamento dell’acqua sanitaria, l’impianto solare si trova per contro alla sua massima potenzialità. In questo periodo è opportuno allora utilizzare, quando necessaria, l’integrazione elettrica ed evitare il ricorso all’ausiliario convenzionale, dimensionato per carichi termici elevati.
4. Posizionamento dei pannelli solari
4.1. Orientamento
L’orientamento
dei pannelli solari ha una importanza fondamentale nella resa complessiva dell’impianto.
È opportuno infatti orientare il pannello in modo che riceva la massima
quantità possibile
di radiazione solare che significa, in pratica, mantenere per ogni periodo dell’anno
il pannello
ortogonale alla direzione dei raggi solari; ciò può essere messo in atto
utilizzando sistemi di
inseguimento solare. Purtroppo tali sistemi, se da un lato comportano un
aumento sensibile dell’energia
solare captata, dall’altro incidono notevolmente nei costi di installazione e manutenzione.
Questa soluzione risulta pertanto non economica per l’utenza privata.
Per
questo motivo per i collettori piani vengono abitualmente adottate installazioni
di tipo fisso.
Una volta scelto l’impianto di tipo fisso, è necessario valutare l’inclinazione
e l’orientamento dei
pannelli tali da rendere massima la captazione di energia.Nota la latitudine ϕ del sito, l’inclinazione dei collettori viene determinata in base al periodo di funzionamento previsto. Nel periodo estivo, quando il sole è più alto sull’orizzonte, l’inclinazione ottimale risulta essere di circa 10°÷15° superiore alla latitudine del luogo. Viceversa, per il periodo invernale, la migliore inclinazione è di 10°÷15° inferiore alla latitudine. Per un funzionamento annuale l’inclinazione ottimale è di circa 0.9 x ϕ. In figura 18 è evidenziato il soleggiamento annuo relativo per un collettore orientato a sud per diversi valori dell’angolo di inclinazione.
L’orientamento ottimale dei collettori risulta essere verso il Sud. Tuttavia in alcune zone caratterizzate da foschie mattutine o nebbie pomeridiane è consigliabile un orientamento verso sudovest o sud-est.
In figura 19 è riportato il soleggiamento annuo relativo per un collettore inclinato di un angolo i=0.9 x ϕ in corrispondenza di diversi valori dell’angolo azimutale γ.
Figura
19.
Soleggiamento
annuo relativo per un collettore inclinato di un angolo 0.9xϕ al variare
dell’orientamento
ξ.28
4.2. Ombre
Prima
di procedere all’installazione di un impianto solare è opportuno assicurarsi
che siano assenti
ostacoli (edifici, alberi, etc.) in grado di proiettare ombre sui pannelli.
L’andamento
delle ombre proiettate dagli ostacoli durante l’anno può essere previsto utilizzando
i diagrammi dei percorsi solari già descritti in precedenza.Chiariamo con un esempio l’utilizzo di tali diagrammi.
Si supponga di voler valutare l’ombra prodotta dall’ostacolo rappresentato in figura 20
Figura 20
Angoli di
schermatura prodotti da un edificio posto sulla direzione collimata al sole.
L’ostacolo
presenta un ingombro azimutale verso est di 30° ed, in corrispondenza, un
ingombro
in altezza di 27°. Verso ovest si ha invece un ingombro azimutale di 35° e in
altezza di 34°.
Riportando
questi punti sul diagramma dei percorsi solari si ottiene la situazione di
figura 21, in cui la zona
scura rappresenta la zona d’ombra prodotta dall’ostacolo.
Figura 21.
Valutazione delle ombre prodotte da un
edificio con l’ausilio del diagramma dei percorsi solari.
Come
si può notare la traiettoria del sole relativa al 21 dicembre attraversa tale
zona, per cui in
questo periodo il collettore risulta parzialmente in ombra; in particolare il
collettore rimane in ombra
dalle ore 9.30 alle ore 14.00. Dalla figura si può anche notare che dal 21
febbraio al 21 ottobre,
per qualunque ora del giorno, il collettore sarà completamente immune da ombre
proiettate dall’ostacolo.
Nel periodo che va dal 21 ottobre al 21 febbraio invece, per alcune ore della
giornata, il
collettore sarà in ombra.
Nell’ipotesi
sia previsto il montaggio dei pannelli in schiere parallele, è necessario
prestare attenzione
alla distanza fra esse per evitare che la prima schiera possa ombreggiare le
seguenti.Per evitare che ciò si verifichi è necessario calcolare la minima distanza a cui porre le schiere.
Individuato in relazione al periodo di funzionamento, il giorno in cui il sole risulterà più basso sull’orizzonte, si calcolano, per ogni istante di luce, i valori dell’angolo di altezza solare e dell’angolo azimutale descritti dal sole. In corrispondenza di ogni valore così ottenuto si calcola la distanza a cui porre le schiere per evitare l’ombreggiamento:
Figura 22
Distanza
fra pannelli solari posizionati in schiere parallele.
5. Dimensionamento economicamente ottimale di un impianto a pannelli solari
L’elevato
costo di investimento di un impianto solare impone un dimensionamento basato su esigenze
di convenienza economica. Una volta definito l’irraggiamento solare del luogo e
il abbisogno
termico da soddisfare, la scelta della superficie captante rappresenta la fase
cruciale della
progettazione.
Le
valutazioni da fare sono sia tecniche sia economiche: va infatti valutata l’energia ricavabile
e vanno monetizzati i benefici offerti dall’impianto.Dal punto di vista tecnico, una volta fissati i parametri caratteristici del pannello solare, vanno opportunamente posti i collettori. Nota la posizione del collettore si può valutare la radiazione incidente sulla superficie inclinata. Va successivamente fissata la temperatura di lavoro dell’impianto: poiché l’efficienza del sistema è tanto più elevata quanto più bassa è la temperatura del fluido termovettore e poiché per esigenze igienico-sanitarie sono richieste temperature dell’acqua intorno ai 45°C, è opportuno regolare la temperatura a valori non superiori a 50°C .
Una volta note le caratteristiche dei collettori, l’irraggiamento solare sulla loro superficie e le condizioni di funzionamento dell’impianto, si è in grado di valutare l’energia fornita dalla batteria di pannelli solari.
L’energia fornita dai pannelli aumenta all’aumentare della superficie captante: infatti, incrementando l’apporto energetico fornito dai collettori, diminuisce la spesa per l’acquisto del combustibile che alimenta l’impianto ausiliario. Contemporaneamente però, all’aumentare della superficie dei collettori, aumenta il costo complessivo dell’impianto.
La superficie economicamente ottimale è allora quella che rende minimo il costo annuale di gestione ed ammortamento dell’impianto: tale configurazione sarà ovviamente costituita da una parte solare ed una parte convenzionale.
5.1. Metodo f-chart
La
procedura di calcolo della superficie economicamente ottimale che sarà di
seguito descritta si
basa su un modello messo a punto da ricercatori dell’Università del Wisconsin,
noto come metodo f-chart.
Il
metodo è essenzialmente fondato sulla determinazione dell’aliquota mensile di
energia coperta
dall’impianto solare. La parte eccedente dovrà essere invece sopportata dall’impianto ausiliario di tipo
convenzionale.
Figura 24
Costo
complessivo annuo in funzione della superficie di collettori installata.
Nell’ipotesi
in cui, almeno per una superficie, il costo dell’impianto ad integrazione
solare risulti
inferiore al costo dell’impianto convenzionale, vi sarà convenienza economica
per l’investimento.
La configurazione ottimale corrisponderà a quella che rende minimo il costo nnuale
dell’impianto ad integrazione o, ugualmente, a quella che rende massimo il
risparmio annuale.
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