La
concentrazione solare al contrario della tecnologia a film sottili, in questo
ambito tecnologico, la quantità di materiale fotovoltaicamente attivo viene
fortemente ridotta, proporzionalmente al fattore di concentrazione e sostituita
con materiale meno costoso, quale è, ad esempio, il vetro utilizzato per
costruire le lenti. L’utilizzo della concentrazione solare sta trovando un
rinnovato interesse, perché in parte sta beneficiando delle ricadute
tecnologiche sviluppate in campo spaziale, così come era successo nei primi
anni settanta per la tecnologia del silicio, dall’altra, le sperimentazioni
fino ad oggi condotte hanno trovato sintesi in nuovi prodotti estremamente
interessanti. La Spectrolab, della compagnia Boeing in California, annunciava,
nella conferenza europea di Barcellona, di avere superato il record precedente
con una cella multi giunzione avente l’efficienza del 39% a 236 soli. Bisogna
comprendere la portata di tali risultati: le previsioni indicano la possibilità
di rendere nel medio periodo questa tecnologia competitiva rispetto alla
tradizionali forme di produzione di energia. Anche l’Italia
gioca un ruolo di primo piano nel panorama internazionale riguardante lo
sviluppo del solare a concentrazione.
I sistemi a concentrazione:
Un sistema
a concentrazione è composto fondamentalmente di tre parti: il ricevitore,
l’ottica di focalizzazione e l’inseguitore solare. Il ricevitore è il
componente che comprende sia la cella solare che il sistema di dissipazione del
calore.
L’ottica
di focalizzazione è l’elemento che permette di concentrare la luce solare sul
ricevitore e può essere costituita da lenti o specchi. Poiché i sistemi a concentrazione
lavorano con la componente diretta della luce solare, il ricevitore e l’ottica
di focalizzazione richiedono l’utilizzo di un inseguitore solare, che può
essere a singolo asse o a doppio asse, per consentire un miglior puntamento del
sole in ogni istante. Esistono svariate tipologie di sistemi a concentrazione,
in funzione della diversa tecnica di focalizzazione della luce solare e del
tipo di ricevitore che si utilizza. Le lenti possono essere di tipo ad
immagine (cioè capaci di focalizzare in un punto l’immagine della sorgente di
luce) o del tipo senza immagine (in questo
caso non viene riprodotta nel punto focale l’immagine della sorgente). Queste
ultime permettono di ridurre uno dei maggiori problemi che caratterizzano i
sistemi a concentrazione, ovvero, la richiesta di una elevata precisione di puntamento
dell’inseguitore solare. Generalmente, infatti, i sistemi point
focus richiedono un angolo di accettazione inferiore a ± 0.5°. Questo
significa che se l’angolo formato tra la semiretta congiungente il modulo a
concentrazione ed il sole con l’asse del sistema ottico di raccolta fosse maggiore
di 0,5° si determinerebbero considerevoli perdite nelle prestazioni del modulo
a concentrazione. Le lenti senza immagine vengono
impiegate proprio perché permettono di ampliare l’angolo di accettazione di
alcuni gradi. Per ridurre i problemi di puntamento, viene adottata anche la
soluzione di inserire sotto la lente principale delle ottiche
secondarie, che possono consistere di piccoli coni la cui superficie interna è
riflettente (Fig. 2.1).
Fig. 2.1 Si riporta l’esempio di un sistema a
concentrazione tipo ”point focus‘ in cui è presente un’ottica di focalizzazione
costituita da una lente di Fresnel e da un’ottica secondaria, rappresentata dal
cono di colore giallo
Nei
sistemi point focus generalmente
si utilizzano celle ben separate una dall’altra con dimensione estremamente
ridotta (con area di qualche mm2). Questa soluzione è interessante perché
permette di utilizzare sistemi di dissipazione di tipo passivo e per i
ricevitori, la tecnologia di fabbricazione utilizzata per i LED a
semiconduttore.
Si
prevede, quindi, una facilitazione nell’industrializzazione di tali sistemi. I sistemi
line focus possono fare uso di lenti senza
immagine con maggiori angoli di accettazione e vengono utilizzati anche con inseguitori a singolo asse. La
criticità dei sistemi che fanno uso di ottiche rifrattive, come
i sistemi point focus e line
focus risiede nella necessità di dover controllare l’aberrazione cromatica,
ovvero la focalizzazione della luce a diverse lunghezze d’onda in
punti focali differenti.
Per
ottenere potenze maggiori ed evitare i problemi legati all’aberrazione
cromatica, si utilizzano i sistemi dense array, in cui,
al contrario dei sistemi precedenti, le celle solari assumono una dimensione
maggiore (qualche cm2), sono disposte una vicino all’altra e la luce viene
concentrata con degli specchi parabolici. In questo caso si rende necessario un
sistema di raffreddamento di tipo attivo e la messa a punto di ricevitori più
complessi, proprio per la necessità di rendere efficace la dissipazione del
calore. Occorre comunque notare che è necessaria una maggiore precisione nella
lavorazione degli specchi di quella richiesta per le lenti dei sistemi point
focus. Se la parte centrale dello specchio, ad esempio, possedesse un
errore di forma e fosse inclinata rispetto a quella ideale di un angolo a,
allora il raggio riflesso sarebbe deviato rispetto al raggio ideale di un
angolo d =2 a. Un errore di forma si ripercuoterebbe quindi in un doppio errore
nella riflessione dallo specchio ed il raggio riflesso inciderebbe sul target
tanto più lontano dal punto di incidenza ideale tanto più lontano è posizionato
il target rispetto alla superficie riflettente.
Per
diminuire la sensibilità necessaria nella lavorazione dello specchio è
opportuno considerare specchi con un distanza focale dello specchio dal target
minore possibile. Sono stati realizzati anche sistemi a concentrazione ibridi
costituiti cioè sia da un ottica rifrattiva che riflessiva. Tali sistemi
permettono di raggiungere fattori di concentrazione elevati (pari a 1000 soli)
ed utilizzando ottiche senza immagine,
consentono angoli di accettazione di circa ± 1.5°. Attualmente questi sistemi
presentano delle uniformità di illuminazione sulle celle solari non ottimali e richiedono
ancora dei miglioramenti nell’ottica di focalizzazione. Per diminuire i
problemi termici che caratterizzano i dense arrays sono stati sviluppati i sistemi a micro
dish (micro specchi) che permettono fattori di concentrazione minori dei
primi ma non necessitano di sistemi di raffreddamento di tipo attivo. Essendo
gli specchi di piccola dimensione, è anche minore il rischio di determinare
errori di forma e risulta più facile anche il puntamento del sole. Ovviamente,
tali sistemi presentano una maggiore complessità di realizzazione. Per cercare di
ottimizzare la raccolta della luce solare e diminuire i problemi legati alla
dissipazione del calore sono stati progettati sistemi a concentrazione che
utilizzano i filtri dicroici. Tali filtri permettono, ad esempio, di
suddividere la luce solare in due principali regioni spettrali (una
nell’infrarosso ed una nella regione che va dal visibile all’ultravioletto).
Quando questi filtri vengono abbinati a degli specchi parabolici, è possibile
inviare le diverse regioni spettrali su gruppi di dispositivi diversi, ognuno
capace di raccogliere in modo ottimale lo spettro incidente. Ad esempio, si
utilizzano dispositivi al GaSb o al Silicio per raccogliere la componente
infrarossa dello spettro solare e celle all’InGaP o a multi giunzione
InGaP/GaAs per raccogliere la componente visibile ed ultravioletta dello
spettro solare. Questi sistemi sono stati sviluppati di recente e sono ancora
tra una fase di studio ed ottimizzazione. A conclusione di questa sintetica e certamente
non esaustiva descrizione delle tipologie dei sistemi a concentrazione
esistenti, si considerano i sistemi v-trough, che
utilizzano dei semplici specchi ai bordi di pannelli di tipo standard. Il nome
deriva dalla configurazione geometrica degli spechi, il cui prolungamento
forma, il profilo appunto di una v. In
questo caso la realizzazione dei sistema a concentrazione è estremamente
semplificata; il prezzo da pagare è legato
al basso fattore di concentrazione ottenibile (circa 2 soli). Tra i sistemi a
concentrazione menzionati non è possibile ancora definire un sistema
concentrazione migliore, perché mancano ancora delle sperimentazioni di lunga
durata sulle quali basarsi per esprimere un giudizio ponderato. Nel futuro
potrà essere vincente il sistema a concentrazione che permetterà di essere
realizzato con metodologie industriali a basso costo, quindi, mediante una
tecnologia facilmente riproducibile e che si dimostrerà affidabile quanto i
sistemi fotovoltaici piani oggi disponibili sul mercato. Occorre comunque
osservare, che il rinnovato interesse nella tecnologia del solare fotovoltaico
a concentrazione, trova fondamento, sia dalle numerose ed ingegnose soluzioni
di sistema individuate, ma soprattutto nei recenti successi ottenuti sulle celle
solari, che costituiscono il cuore di questi
sistemi. È opportuno, quindi, soffermarsi a descrivere il funzionamento, le
criticità e le prospettive di sviluppo di questi dispositivi innovativi quali
sono le celle solari a multigiunzione basate sui composti III-V della tavola
periodica degli elementi.
PANNELLI FOTOVOLTAICI A CONCENTRAZIONE
In figura
2.2 e 2.3 vengono riportati due dei pannelli fotovoltaici a concentrazione
sviluppati presso il dipartimento di fisica all’università di Ferrara, in questo
capitolo verranno in particolar modo spiegati la tecnologia di deposizione
utilizzata per creare i film dicroici (reactive magnetron sputtering) ed i
materiali utilizzati.
Il
principio dei concentratori ottici fotovoltaici è semplicemente di utilizzare
un collettore ottico di radiazione a riflessione o rifrattivo (specchio o
lente), che concentri la luce solare su una ridotta quantità di celle
fotovoltaiche ad alta efficienza. La riduzione del silicio impiegato rispetto
ad un sistema piano è pari al valore della concentrazione ottica.
L'Inseguimento
Tutti i
sistemi aventi concentrazione ottica superiore a 5 devono necessariamente
essere dotati di un sistema di movimentazione del concentratore solare che
mantenga il sole nella regione di accettanza ottica massima. La precisione
richiesta ai sistemi meccanici aumenta con la concentrazione ottica,
l’inseguimento garantisce una maggiore produzione di energia elettrica su base
annua stimabile, alle nostre latitudini, in oltre il 35% di l'incremento
rispetto ad un sistema piano fisso di analoga potenza nominale. Prima cella a
concentrazione al silicio Le comuni celle fotovoltaiche al silicio non sono
adatte, senza modifiche, a raccogliere la radiazione solare concentrata.
Variando alcune caratteristiche, senza rivoluzionare la struttura della cella,
è possibile produrre celle adatte alle esigenze della concentrazione.
Seconda
cella INGAP e terza in GaAs Si stanno sviluppando substrati virtuali di Si/Ge
mediante reattore al plasma sulle quali è possibile depositare strutture
fotovoltaiche con elementi del tipo III-V (singole e doppie giunzione). Si
ottengono così substrati adatti per la produzione di celle InGaP e in GaAs da
utilizzare in sistemi fotovoltaici concentratori a separazione spettrale ad
elevata efficienza realmente competitivi in termini di prezzo.
Coating
dicroici
La
radiazione incidente viene separata in diverse componenti cromatiche, la
separazione della radiazione è ottenuta tramite opportuni coating dicroici che
agiscono come filtri ottici selettivi (Fig.2.4).
La differente componente cromatica separata e
riflessa viene raccolta da distinte celle fotovoltaiche progettate per essere
più sensibili alle differenti frequenze provenienti, appunto, dai differenti
film dicroici (Fig.2.5).
In realtà assemblando più elementi riportati in figura 2.4 ,non si ottiene come struttura finale quella riportata in figura 2.5, ma una struttura più complicata derivante dalla sovrapposizione di due diverse parabole vedi figura 2.3. Polarizzazione per dicroismo e modello dell'oscillatore meccanico Il fenomeno del dicroismo è dato dall'assorbimento da parte di un materiale della componente in una data direzione del campo elettrico di una radiazione luminosa incidente. In genere i materiali dicroici naturali sono materiali birifrangenti che, come ad esempio la tormalina, per certe lunghezze d'onda presentano proprietà di assorbimento della luce lungo una direzione. Si ricade quindi nel modello dell'oscillatore meccanico in cui però una coppia di molle in una direzione sono tali da generare oscillazioni elettroniche fortemente smorzate. Un modello fisico elementare alternativo per un mezzo dicroico è una griglia composta da conduttori paralleli fra loro (Fig.2.6). Le dimensioni e le distanze dipenderanno dalla lunghezza d'onda della radiazione utilizzata. Se un'onda elettromagnetica attraversa tale sistema, la componente del campo elettrico parallelo ai conduttori viene assorbita in quanto genera all'interno delle correnti elettriche con conseguente dissipazione dell'energia per effetto Joule. L'altra componente ortogonale invece non potrà interagire se non molto debolmente con gli elettroni dei conduttori e quindi sarà quasi completamente trasmessa. Tale fenomeno è facilmente riproducibile in laboratorio usando le microonde e una griglia macroscopica composta da fili elettrici distanziati fra loro di qualche centimetro.
Dicroismo
Quando la
luce attraversa un materiale trasparente puό, attraverso il campo elettrico,
eccitare gli elettroni legati delle molecole costituenti, che assorbono energia
e successivamente la riemettono. Le dimensioni e le distanze dipenderanno dalla
lunghezza d'onda della radiazione utilizzata. Se un'onda elettromagnetica
attraversa tale sistema, la componente del campo elettrico parallelo ai conduttori
viene assorbita in quanto genera all'interno delle correnti elettriche con
conseguente dissipazione dell'energia per effetto Joule. L'altra componente
ortogonale invece non potrà interagire se non molto debolmente con gli
elettroni dei conduttori e quindi sarà quasi completamente trasmessa. Tale
fenomeno è facilmente riproducibile in laboratorio usando le microonde e una
griglia macroscopica composta da fili elettrici distanziati fra loro di qualche
centimetro.
La Spiegazione
dell’indice di rifrazione “n”, ovvero del fatto che la velocità di propagazione
nella sostanza v=c/n risulti minore che nel vuoto e funzione della frequenza
della luce. Se la sostanza è costituita da molecole a simmetria sferica, questi
processi di assorbimento e riemissione avvengono in modo indipendente dal verso
del campo elettrico “Ei” della luce incidente. In altre parole non c’è
dipendenza dalla polarizzazione della luce incidente, la propagazione avviene
allo stesso modo in tutte le direzioni, ovvero si ha l’isotropia, tipica delle
sostanze amorfe. Esistono sostanze che per la loro costituzione si comportano
in modo diverso da quello sinora descritto. Sono sostanze per la maggior parte
costituite da molecole che sono allungate in una certa direzione, per cui sono
dotate di un loro asse di simmetria, che viene detto asse ottico della sostanza.
La prima caratteristica di queste sostanze è che la velocità di propagazione
dell’onda è diversa se la direzione del campo elettrico della luce è parallela
o perpendicolare all’asse delle molecole. Poiché la velocità di propagazione di
un’onda elettromagnetica è caratterizzata da un indice di rifrazione n, ci
saranno due indici di rifrazione: uno detto ordinario “no” associato al campo
elettrico e perpendicolare all’asse ottico e uno straordinario “ns” associato
al campo elettrico E parallelo all’asse ottico. Il fenomeno è detto
birifrangenza. Sono sostanze birifrangenti i cristalli monoassici quali quelli
del sistema romboedrico, esagonale, tetragonale, tra i quali la calcite e il
quarzo. Un’ altra proprietà che possono avere le sostanze birifrangenti è nota
come dicroismo, e consiste nel fatto che l’assorbimento della luce da parte
della sostanza dipende dalla polarizzazione della luce. Quando il campo
elettrico della luce è parallelo all’asse ottico, esso puό porre in
oscillazione gli elettroni lungo l’asse della molecola: gli elettroni assorbono
una quantità di energia proporzionale al quadrato dell’ampiezza dell’ oscillazione,
che riemettono successivamente, diffondendola in tutte le direzioni. Se il
campo elettrico è perpendicolare all’asse ottico della molecola, l’ampiezza
dell’oscillazione risulta molto più piccola, per cui l’assorbimento è molto
minore. In tal senso si parla di assorbimento selettivo. Nel corso della
propagazione all’interno della sostanza una delle due componenti dell’onda
viene dunque progressivamente assorbita e diffusa in tutte le direzioni e, se
lo spessore è sufficiente, scompare praticamente lungo la direzione di
propagazione, mentre l’altra prosegue quasi inalterata. Tra le sostanze
dicroiche ricordiamo la tormalina (borosilicato di alluminio che cristallizza
nel sistema romboedrico) e l’erapatite (cristalli di iodosolfato di chinino,
materiale organico artificiale).
Fig. 2.7
Struttura di un a cella solare a multigiunzione. Nella parte destra della
figura si evidenzia la raccolta selettiva dello spettro solare da parte di ogni
giunzione componente la struttura.
tre
giunzioni, che convertono rispettivamente le diverse parti dello spettro
solare, sono tra loro collegate in serie da diodi tunnel caratterizzati
da una caratteristica corrente-tensione di tipo ohmico nell’intervallo di
corrente in cui le tre giunzioni operano. L’ottimizzazione di questa struttura
avviene con codici di calcolo derivati dalla fisica dei dispositivi a
semiconduttore. La giunzione superiore, realizzata con InGaP, assorbe e
converte la radiazione blu dello spettro solare. La restante radiazione viene
trasmessa alla giunzione intermedia, realizzata in InGaAs, che converte in particolare
la parte visibile dello spettro solare. Infine, la radiazione infrarossa
raggiunge la terza giunzione realizzata con il germanio.
In questo
modo è possibile ottimizzare la raccolta della luce solare e ottenere valori di
efficienza di conversione più elevati. Le celle solari a tripla giunzione sono
caratterizzate da una tensione a vuoto (Voc) che è data dalla somma delle
tensioni delle tre sotto-celle, tipicamente di 2.5 V a un sole, mentre
raggiungono valori prossimi a 3 V in concentrazione. Ovviamente, le tre
giunzioni, essendo collegate in serie elettricamente, devono essere ottimizzate
in modo da produrre all’incirca la stessa corrente di corto circuito (Isc),
così da non penalizzare l’efficienza di conversione complessiva. La condizione
di match tra le correnti si ottiene a condizioni di
illuminazione standard, ma si modifica all’alba e al tramonto, in quanto lo
spettro solare si impoverisce nelle basse lunghezze d’onda (blu). In questo
caso, si verifica una diminuzione dell’efficienza del dispositivo, in quanto la
cella superiore (InGaP) produce una minor corrente e limita la corrente
prodotta dalle giunzioni più sensibili alle alte lunghezze d’onda (visibile e
rosso). Un progetto adeguato della struttura solare permette però di limitare
la perdita di efficienza. Un importante problema associato all’utilizzo di
celle a tripla giunzione collegate in serie elettricamente, come accade
tipicamente in un dense array, è la
protezione delle celle alla polarizzazione inversa. Nel funzionamento può
accadere che una porzione dell’array di celle si trovi ad essere illuminato
dalla radiazione solare ad un livello di concentrazione inferiore a quello
delle altre celle componente l’array stesso. Quando, in una stringa
di celle solari collegate in serie, alcune
celle si trovano ad operare ad una corrente più bassa, la corrente generata
dalle celle completamente illuminate forza le celle meno illuminate a portarsi
in condizioni di polarizzazione inversa.
Le celle
solari che fanno parte dell’array con un minor livello di insolazione dovrebbero
dunque poter sopportare e resistere alla polarizzazione inversa senza esserne
danneggiate. Il funzionamento in polarizzazione inversa non è congeniale alle
celle solari, le quali possono danneggiarsi facilmente, ad esempio in
conseguenza del fenomeno noto come hot spot: ad
elevate tensioni, tipicamente prima che si inneschi il fenomeno della
moltiplicazione a valanga, alcuni punti della cella (denominati difetti) iniziano
a lasciare passare la corrente inversa che viene forzata dalle altre celle (più
illuminate) della stringa. Poiché l’area in cui la corrente fluisce è
estremamente ridotta, la conseguente densità di corrente è elevatissima; per
effetto Joule, il materiale subisce un forte riscaldamento locale, fino a
deteriorarsi e creare di conseguenza percorsi di corto circuito (denominati shunt).
Tali
percorsi sono creati in modo irreversibile, per cui anche quando l’array di
celle ritorna ad essere uniformemente illuminato, i percorsi shunt permangono,
ed il pannello solare perde di efficienza. Le celle solari a multi giunzione
sono più esposte ad un danneggiamento rispetto a quelle a singola giunzione,
proprio perché la presenza di più giunzioni in serie determina tensioni
inverse di
cella più elevate (tipicamente, maggiori di 20V), e le potenze dissipate per
effetto Joule sono notevoli.
La soluzione da adottare prevede l’uso di
criteri di protezione delle singole celle del pannello contro il possibile
danneggiamento derivante dal funzionamento in condizioni di polarizzazione
inversa, mediante la connessione di un diodo di by-pass; tale diodo è collegato
alla cella con polarità invertita rispetto alla cella stessa, ed attraverso di
esso scorre la corrente della stringa quando la cella in questione si trova in
ombra (vedi schema di figura 2.8).
Le prospettive di sviluppo delle celle a multi
giunzione sono molto interessanti. Il grafico di figura 2.9 mostra l’incremento
dell’efficienza di conversione delle varie tipologie di celle solari nel corso degli
ultimi 30 anni. Le celle a tripla giunzione basate sui composti III-V della
tavola periodica degli elementi, impiegate nei sistemi a concentrazione, sono
indicate nella figura con il colore amaranto. Come si può osservare le celle
solari hanno raggiunto valori di efficienza vicini al 40%, che rappresenta un
valore tipico assunto da una centrale termoelettrica. Se si ipotizza un trend
di incremento nel valore di efficienza secondo l’andamento riportato nel grafico
con la linea tratteggiata, è possibile verificare il superamento della soglia
del 40% nei prossimi 5 anni. Questo significa che la tecnologia delle celle a
concentrazione basate sui composti III-V della tavola periodica, in una
prospettiva non troppo lontana, ha le potenzialità per diventare competitiva
con gli attuali sistemi di generazione dell’energia.
Fig. 2.9
Evoluzione dell’efficienza di conversione nel corso degli anni per varie
tipologie di celle solari (best results). Al grafico è stato arbitrariamente
aggiunta la linea di tendenza tratteggiata per mostrare le possibili
prospettive di sviluppo nei prossimi anni.
Mobile: 0039 3200625026
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